Lo sport e il dolore

Questo articolo è scritto da Angelo Goisis Massofisioterapista e Reflessologo FIRP. E’ pubbicato sulla rivista RO REFLESSOLOGIA OGGI (Riflessi di Benessere), num.1 di Marzo 2013.

 

Il Dolore è il più comune sintomo di malattia, tutti prima o poi lo provano. Ma è difficile darne una definizione esauriente così come elencare tutti i i diversi tipi di dolore che si sperimentano nella vita. In pratica, come afferma anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), è dolore ciò che ciascuno di noi dice di essere dolore. Di certo esso indica che che nell’organismo sta accadeendo qualcosa di nocivo. Infatti, è una spia che si accende per informarci che qualcosa non funziona bene in qualche parte del nostro organismo. Il corpo informa il cervello affinchè questo, in modo istintivo o mediato, possa porre in atto comportamento adeguati. Funzionando come allarme, il dolore segnala il rischio di perdita dell’integrità psicofisica: ciò allo scopo di conservarla o ripristinarla
Molte malattie sono individuabili grazie, appunto, alle localizzazioni del dolore e alle sue qualità. Ma se questo è vero per le malattie acute non lo è quando il dolore si fa cronico, ossia quando esaurisce il suo compito di sentinella perdendo l’utilità di allarme e divenendo esso stesso più malattia che sintomo, causando quindi disequilibrio organico o psichico.

TIPI DI DOLORE
Il dolore può essere localizzato, irradiato o riferito. Si parla di dolore localizzato quando una persona indica il preciso punto del corpo dove avverte dolore. Nel caso in cui dal punto di origine il dolore sembra seguire un decorso lungo un tratto del corpo (per esempio, un mal di schiena con una irradiazione sciatica) si tratta di dolore irradiato. Quando chi soffre indica un’area di dolore cutaneo più o meno vasta senza una chiara localizzazione ci troviamo di fronte al dolore riferito.

Il dolore, poi, si distingue in:

  • acuto, quando compare all’improvviso e ha una durata limitata perchè cessa con la guarigione della causa che lo ha provocato
  • cronico, che tende ad essere più insistente del dolore acuto: il sintomo, infatti, dura più del previsto e compromette la vita sociale e la personalità del paziente.

Ci sono anche il dolore somatico e quello psicosomatico. Il primo non coinvolge il sistema nervoso, mentre nel secondo alla componente fisica si aggiunge una componente emotiva.
Non esistono strumenti capaci di misurare il dolore. Ognuno di noi ha un metro di giudizio e percezione del dolore. La sua valutazione, quindi, viene fatta ponendo attenzione alla descrizione che il paziente fornisce al medico del proprio dolore.
L’intensità viene valutata lieve, moderata, forte, atroce, fino a dire: “il più forte dolore mai provato!” Può inoltre essere pulsante, bruciante, lancinante, fastidioso. Esiste comunque un sistema “analogico” (visivo e numerico), molto utile, dove il dolore viene rappresentato da una linea retta di 10 cm che unisce due punti numerati – 0 all’inizio e 10 alla fine – che simboleggiano rispettivamente l’assenza di dolore e il massimo dolore immaginabile.

Ma vediamoli nel dettaglio:
I dolori muscolari
Crampi e sensazioni dolorose che non permettono di stendere gli arti sino in fondo sono i sintomi più comuni del dolore muscolare, mentre nel caso di contrattura il muscolo inizia a tirare.
Lo strappo provoca dolore, impossibilità a muoversi e gonfiore. Nella distorsione, invece, i vasi sanguigni si rompono e la sede articolare si gonfia e si arrossa. I dolori muscolari, di norma, sono dovuti ad una violenta e improvvisa contrazione involontaria di un muscolo.
Possono però anche essere la conseguenza di una lesione parziale della struttura muscolare per un trauma. La persona colpita lamenta un dolore intenso ed improvviso, a volte anche violento, e sempre ben localizzato.
Possono verificarsi in seguito a diverse circostanze:

  • un’infiammazione acuta delle articolazioni
  • un’attività fisica protratta con impegno specifico di una determinata fascia muscolare
  • un deficit di sali minerali e di sostanze nutritive.

Indolenzimenti da allenamento errato, affaticamento che si accumula dopo qualche mese di ginnastica, dolori muscolari che bloccano i movimenti, comprese le possibili microfratture, tendiniti e infiammazioni varie, torcicollo compreso:  la “crisi da palestra” e il desiderio di mantenersi in forma per tutto l’anno può passare.

Dopo le prime lezioni in palestra l’indolenzimento dei muscoli può essere infatti così fastidioso tanto da rinunciare a fare sport regolarmente. Anche per i più allenati può aumentare il rischio di infiammazioni e tendiniti. I frequenti saltelli sullo step o le pedalate durante lo spinning alla lunga possono provocare disturbi.
L’attività sportiva fatta da chi è generalmente sedentario, da chi non svolge attività da molti mesi o da chi non è più giovanissimo, va fatta iniziando con alcuni piccoli accorgimenti.

Un problema comune negli sportivi
I dolori muscolari successivi alla corsa hanno in genere cause e modalità di comparsa diverse.
E’ importante capirne le cause per dimensionare correttamente l’allenamento:

  • dolore da sforzo: si verifica durante la prova e riguarda uno o più Le cause possono essere un accumulodi acido lattico o l’esaurimento delle scorte energetiche (se è generalizzato alle gambe)
  • dolore successivo: compare dopo 24 ore dallo sforzo e in genere può protrarsi fino a 3/4 giorni. in genere si ritiene che il dolore sia la conseguenza di esercizi eccentrici come la corsa in discesa.
  • la tendinitte: è un processo infiammatorio di uno o più tendini, le robuste strutturre anatomiche che connetono i muscoli alle ossa; è solitamentte causata da traumi o da un uso intensivo, più raramente da infezioni o malattie autoimmuni, per esempio artrite reumatoride. La tendinite si verifica più frequentemente alle spalle, ai gomiti, alle ginocchia, ai polsi e alle caviglie. Può verificarsi all’inserzione del tendine sull’osso, oppure in un punto qualsiasi del decorso del tendine; può interessare anche la guaina che lo riveste ed in questo caso si parla di “tenosinovite”. Spesso la tendinite necessita soltanto di un adeguato periodo di riposo per guarire. Il sintomo principale è il dolore nella zona colpita, che può essere accompagnato da gonfiore, più o meno evidente, e aumenta con il movimento. La tendinite può essere legata all’uso eccessivo del tendine, per esempio negli sport che richiedono movimenti ampi e ripetitivi degli arti o in determinate professioni (per esempio suonatori di alcuni strumenti musicali). L’età è un altro fattore di rischio, in quanto con il passare degli anni muscoli e tendini perdono in parte la loro elasticità.

Per non affaticare eccessivamente i nostri muscoli è opportuno effettuare alcuni esercizi specifici per rinforzare alcuni importanti gruppi muscolari, che tuteleranno lo scheletro ed i tendini dagli incidenti più diffusi nelle palestre. E’ necessario quindi rinforzare la colonna lombo-sacrale, con esercizi di stretching, rotazioni del busto, addominali e lombari. Poi rinforzare le ginocchia, con esercizi stabilizzatori, allenando i muscoli estensori e flessori del ginocchio. Così come i glutei e le spalle stesse.
Oggi per un atleta l’infortunio può costare il posto in squadra, è così che molte volte non si seguono i protocolli stabiliti e le conseguenze possono essere molto serie. Un atleta infortunato è un “investimento” fallito, ed è per questo motivo che nel campo della medicina sportiva si stanno facendo enormi investimenti in tecnologie sempre più all’avanguardia sia in campo strumentale che farmacologico.
Come la reflessologia plantare può dare il suo contributo nello sport?
Come la reflessologia agisce sul dolore muscolare in fase acuta, sia esso stiramento che strappo o distorsione?
Interrogativi che ci siamo riproposti di indagare e che a breve avranno una risposta grazie all’applicazione di protocolli sperimentali e al monitoraggio fatto all’interno di un laboratorio su alcuni atleti infortunati.